Il telescopio Einstein

L'astronomia vede lo sviluppo di una sua nuova branca nella seconda metà del novecento, quando un team di scienziati, per la maggior parte italiani, dà il via alle prime ricerche al fine di conoscere lo spazio con occhi diversi. Sin da subito gli studiosi del AS&E, American Science and Engineering, ottennero risultati strabilianti. Già con il lancio del primo satellite adibito allo studio del cosmo a raggi X, Uhuru (in foto a destra) nel 1970, si ottenne un grande successo eseguendo una prima mappatura delle sorgenti a raggi X dello spazio, come ad esempio la prima sorgente al di fuori del Sistema Solare, Scorpius X-1, nella costellazione dello Scorpione. 

Ma ben presto venne introdotta una nuova tecnologia, che richiese molto  tempo per essere sviluppata, ma permise agli scienziati di giungere a importanti scoperte: i telescopi a raggi x.

Nel febbraio del 1960, Giacconi e Rossi, pubblicarono la descrizione di un progetto per un telescopio a raggi x, discutendone gli enormi vantaggi che avrebbe portato in confronto ai convenzionali rivelatori. Identificare i raggi x era però un'operazione assai complessa, poichè essi possono essere focalizzati per riflessione soltanto se colpiscono una superficie riflettente con un angolo radente minore di un grado circa. Pertanto la superficie focalizzante non poteva essere perpendicolare al fascio di luce incidente, come invece accade per i telescopi ottici, ma doveva avere una forma tale da far sì che raggi radenti potessero esser tutti concentrati nello stesso punto: la soluzione era data da superfici curve a forma di paraboloide e di iperboloide. I primi telescopi dell'AS&E furono costruiti modellando e levigando le superfici interne di tubi in alluminio, ricoperti poi da un sottile strato d'oro per aumentare il potere riflettente.

Successivamente, dopo aver constatato che i prototipi consentivano, seppure in modo imperfetto, di mettere a fuoco i raggi x, il progetto rimase in pausa in attesa dell'approvazione della NASA e di ulteriori ricerche per rendere le superfici ulteriormente lisce.

Grazie all'aiuto di John Lindsay, che fornì un considerevole contributo alla ricerca, Giacconi iniziò a progettare l'Advanced Orbiting Solar Observatory, un telescopio dal diametro di 26 cm con una risoluzione angolare di 5 secondi d'arco. Nel 1965 il progetto venne cancellato dalla NASA, senza però escludere totalmente l'ipotesi di un'osservatorio a raggi x da inserire in un veicolo spaziale dotato di equipaggio.

Giacconi propose numerosi altri progetti, come l'OAO (Orbiting Astronimical Observatory), un piccolo telescopio a bordo di un veicolo spaziale modesto, seguito poi da un osservatorio per raggi x più grande e ambizioso, ma la NASA respinse l'idea, in quanto non vedeva la necessità di imbarcarsi in una missione di tale genere. In quegli anni infatti si era alzato un polverone sui telescopi a raggi x: la comunità scientifica aveva fatto notare che, essendo le stelle in raggi x più brillanti delle altre, i risultati ottenuti con i convenzionali rivelatori erano abbondanti e sufficienti; inoltre molti non erano convinti che un'impresa così costosa avrebbe funzionato su sorgenti al di fuori del sistema solare.

Si dovette attendere fino al 1970 perchè la NASA pubblicasse un announcement of opportunity per proposte di esperimenti sui telescopi a raggi x, e si giunsesse alla progettazione di HEAO (High Energy Astronomical Observatory). Giacconi propose un progetto chiamato Large Orbiting X-ray Telescope, che comprendeva due telescopi a raggi x, uno a grande area (circa 75 cm) a bassa risoluzione (10 secondi d'arco) e uno di 1,2 metri di diametro ad alta risoluzione che poteva individuare raggi x di bassa energia, ma con una risoluzione di circa 5 volte più piccola. La NASA ricevette proposte da scienziati provenienti da tutto il mondo, ricavandone quattro missioni: le prime due dovevano costituire una mescolanza di esperimenti su raggi x, gamma e cosmici, la terza missione era il Large Orbiting X-ray Telescope, mentre la quarta una serie di esperimenti sui raggi cosmici. La NASA tuttavia finanziò solamente le prime due missioni. Nel 1973 però ristrutturò l'intero programma di HEAO, facendone sopravvivere una versione ridotta. I successi ottenuti dal satellite Uhuru avevano portato gli scienziati a riconsiderare totalmente la tecnologia degli osservatori a raggi x, poichè era evidente che l'astronomia a raggi x era una strada importante per comprendere l'universo.

Una versione ridotta di un telescopio a raggi x salì nella scala delle priorità, fino ad occupare il secondo posto. Giacconi divenne il direttore associato del progetto e propose un nuovo osservario, detto HEAO-2, costruito in modo tale da poter usare quattro rivelatori diversi ma complementari, che consentissero di fare misure spettrali e polarimetriche in grande dettaglio, di produrre immagini X, di avere un grande campo di vista e una sufficiente sensibilità da rivelare sorgenti lontane deboli. Questi rivelatori erano l'high resolution imager (rivelatori di immagini ad alta risoluzione), l'imaging propotional counter (contatore proporzionale di immagini), il solid state spectrometer (spettrometro a stato solido) e il focal plane crystal spectrometer (spettrometro a stato solido). 

Durante la progettazione, nella visione delle immagini sorsero numerosi problemi che portarono alla continua e costante modifica del progetto; non si riusciva a capire la causa dei disturbi, se l'impossibilità di vedere immagini nitide fosse per un difetto nel rilevatore o negli strumenti utilizzati per impostare le prove. Venne migliorata ulteriormente la strumentazione di controllo, fino ad eliminare una pompa a vuoto e un programma al calcolatore che produceva un rumore molesto, ottenendo una versione che sembrava funzionare. Per osservare il comportamento del telescopio nello spazio si produssero dei piccoli prototipi di rilevatori da far volare a bordo di razzi.  Finalmente quattro mesi prima del lancio previsto di HEAO-2 nello spazio, il rilevatore, dopo una serie di esperimenti fallimentari, funzionò, trasmettendo immagini di qualità soddisfacente.

La progettazione di HEAO-2 non era però finita, lunghe ricerche furono condotte anche sul sistema di specchi necessario per la riflessione ottimale delle immagini. L'idea finale prevedeva quattro serie concentriche di superfici quasi cilindriche, ognuna con un diametro di 60 cm. Le superfici interne dovevano avere la forma di una parabola, seguita da un'iperbole, cosicché i raggi X che entravano nel telescopio avrebbero incontrato lo specchio ad angolo radente e sarebbero stati riflessi prima dalla sua parte parabolica e poi dalla parte iperbolica. Tutto ciò consentiva di individuare con precisione la posizione di un raggio X.

Tenere conto del luogo in cui ogni fotone aveva colpito il rilevatore e in che direzione il rilevatore era orientato in ogni momento consentiva di costruire un'esatta mappa del cielo, anche se il telescopio ruotava leggermente durante una lunga osservazione.  Quando furono fatti tutti gli accertamenti e le calibrazioni necessarie per il lancio, nell'ottobre del 1978, il veicolo spaziale fu mandato a Cape Canaveral per prepararsi al volo.

La scelta della sorgente per la prima luce era la più famosa stella a raggi X conosciuta, Cygnus X-1. Quattro giorni dopo il lancio tutte le condizioni erano favorevoli per orientare il telescopio verso l'obiettivo e ottenere immagini a fuoco ad alta risoluzione. Tutti i collaboratori del progetto si riunirono al Goddard e rimasero in attesa di vedere i risultati di un così grande lavoroMentre il telescopio spazzolava il cielo verso Cygnus X-1, immagini a raggi X di stelle passarono attraverso il campo di vista. Poi l'osservatorio si fissò su Cygnus X-1 e mentre la sua immagine puntiforme si formò sullo schermo, gli scienziati ebbero la felice conferma che il telescopio a raggi X funzionava.

  "Prima luce" di HEAO-2, immagine di Cygnus X-1


Ultime modifiche: martedì, 10 maggio 2016, 19:21