Rivelatori di radiazioni e di particelle
I rivelatori di radiazioni sono trasduttori che ricevono fotoni e producono un segnale elettrico che puo' essere amplificato e reso intellegibile. Un buon rivelatore deve preservare la maggior parte dell'informazione presente nel flusso di fotoni. Si dovranno quindi ottimizzare i seguenti parametri:
1) Efficienza quantica: la percentuale di fotoni che viene convertita in un segnale utile deve essere massimizzata. Questo obbiettivo viene raggiunto in modo diverso per differenti tipi di rivelatori e lo descriveremo in dettaglio nel seguito.
2) Linearità: e' la proporzionalità tra potenza radiativa osservata (o flusso di fotoni) e segnale elettrico in uscita. Una accurata linearità e' una caratteristica utile per un rivelatore (anche se non essenziale) perché la risposta del rivelatore a diversi livelli di radiazione incidente e' descritta da una sola costante di proporzionalità. Nel caso il rivelatore non fosse lineare, può sempre essere calibrato, ovvero si può misurare la relazione non lineare tra potenza in ingresso e segnale in uscita. In ogni caso in ciascun punto di lavoro si può definire una costante di proporzionalità tra potenza in ingresso e segnale in uscita, che è detta Responsività
3) Rumore: Tutti i rivelatori producono del rumore che si sovrappone al segnale dovuto ai fotoni incidenti. Questo ha diverse cause e provoca una incertezza sul segnale d' uscita che deve essere minimizzata. Questo richiede di solito il raffreddamento del rivelatore per ridurre il rumore di origine termica, ed una buona tecnologia di costruzione per eliminare altre cause di rumore (contatti, microfonia etc.). Il parametro che descrive il rumore in modo indipendente dal tipo di rivelatore e' il NEP (Noise Equivalent Power), definito come la potenza (in W) che in 1 secondo di integrazione produce un segnale pari alla deviazione standard del rumore del rivelatore: e' quindi il minimo segnale rivelabile da un rivelatore. Se si assume che il rumore del rivelatore sia di tipo gaussiano, l'errore prodotto sulle misure va come [1/(√N)], dove N e' il numero di misure indipendenti. La stima dell' errore sulla media, infatti, è pari alla deviazione standard divisa per la radice del numero di misure indipendenti. D' altra parte il numero di misure indipendenti e' proporzionale al tempo di integrazione, e l' errore da associare alla misura diminuirà quindi come la radice del tempo di integrazione.
Il rumore e la responsivita' (e quindi il NEP) possono dipendere dalla frequenza del segnale elettrico in uscita dal rivelatore.
4) Intervallo dinamico: e' il rapporto tra il massimo di livello di segnale che puo' essere misurato mantenendo il rivelatore in un regime approssimativamente lineare e il minimo segnale rivelabile. I bolometri sono i rivelatori con maggiore intervallo dinamico (restando approssimativamente lineari in un intervallo di circa 7 ordini di grandezza), mentre i rivelatori ad accumulo di fotoelettroni hanno un intervallo dinamico di 4 o 5 o.d.g..
5) Numero di pixel: numero di zone di cielo (o del piano focale del telescopio) che il rivelatore puo' osservare contemporaneamente. Nel caso sia maggiore di uno, si parla di solito di rivelatore a mosaico (array). Nel caso sia un numero molto maggiore di uno, si dice che il rivelatore puo' produrre immagini. Esempi tipici di rivelatori che possono produrre immagini sono la lastra fotografica e la camera CCD. Tipici rivelatori ad un solo pixel sono i radiometri (a singola antenna).
6) Tempo di risposta: il minimo intervallo di tempo entro il quale il rivelatore puo' seguire le variazioni di potenza in ingresso.
7) Risposta spettrale: L'intervallo di frequenze in cui il rivelatore puo' essere utilizzato. Un rivelatore con ampia efficienza spettrale puo' essere usato in un grande numero di osservazioni a lunghezze d'onda diverse, che vengono selezionate usando opportuni filtri interposti tra la sorgente e il rivelatore.
8) Banda spettrale: La banda di frequenze che vengono rivelate simultaneamente dal rivelatore. E' al massimo uguale alla risposta spettrale, ma di solito e' molto piu' ridotta, perche' il rivelatore viene usato insieme ad uno spettrometro o ad un filtro, selezionando una o piu' bande di interesse per la misura specifica. Nelle bande UV, V, IR, l' assorbimento di un fotone da parte di un semiconduttore ha di solito effetti molto importanti sulle proprieta' elettriche. Quindi la maggior parte dei moderni rivelatori di radiazione utilizza semiconduttori.
Si distinguono, infine, tre categorie di rivelatori:
a) Rivelatori quantici: ogni singolo fotone arrivando sul rivelatore produce un effetto misurabile (ad esempio emissione di un fotoelettrone). Nel caso piu' comune dei rivelatori a semiconduttore, l' elettrone di conduzione generato dal fotone puo' avere tre effetti: produrre un cambiamento chimico; variare la corrente elettrica nel cristallo; essere introdotto direttamente nell' amplificatore di uscita. Esempi di rivelatori quantici sono i contatori proporzionali, i fotomoltiplicatori, i fotoconduttori, i fotodiodi, le CCD, le lastre fotografiche.
b) Rivelatori termici: assorbono i fotoni e termalizzano la loro energia. Quindi non reagiscono al singolo fotone, ma piuttosto all' effetto integrato di un certo numero di fotoni. Si usano quando l' energia dei fotoni non e' sufficiente a strappare elettroni da un metallo e nemmeno a produrre elettroni o lacune di conduzione in un semiconduttore: questo succede a lunghezze d'onda maggiori di 200 mm. L' energia termica cosi' ottenuta produce un cambiamento nelle proprieta' del rivelatore (elettriche, o piu' in generale fisiche) che induce un segnale elettrico misurabile. Grazie alla loro capacita' di misurare con precisione l' energia accumulata cominciano ad essere usati anche come rivelatori X. Esempi di rivelatori termici sono i bolometri e la cella di Golay.
c) Rivelatori coerenti: Rivelano l'ampiezza del campo elettrico dell' onda elettromagnetica associata alla radiazione osservata, misurando la differenza di potenziale prodotta da questa in una antenna. Conservano quindi l' informazione di fase associata all' onda elettromagnetica. Vengono usati principalmente nelle bande radio e submillimetrica. Grazie alla capacita' di conservare l' informazione di fase si possono far interferire tra loro i segnali provenienti da antenne separate da una certa distanza e puntate nella stessa direzione. Si ottiene cosi' un interferometro, uno strumento radioastronomico capace di enorme risoluzione angolare (fino al millesimo di secondo d'arco). Come tutte le classificazioni, anche questa non e' esente da eccezioni. Esistono infatti particolari rivelatori in cui il carattere termico e quello quantico o quello coerente sono mescolati (esempio tipico sono i mixer ad antimonuro d' indio o i bolometri elettronici).
Rivelatori a Scintillazione: Il fenomeno di Scintillazione è causato dalla eccitazione e successiva diseccitazione degli atomi dei materiali scintillanti che possono essere di varie tipologie (cristalli, materiali plastici). Questi rivelatori usano come elemento attivo dei materiali che hanno la proprietà di emettere luce visibile quando sono attraversati da particelle cariche. La scintillazione e utilizzata principalmente nei calorimetri. Nei laboratori di fisica delle particelle si fa un larghissimo uso di scintillatori plastici per rivelazione di raggi cosmici La luce di scintillazione prodotta dalla particella si propaga allinterno dello scintillatore e viene raccolta da Fotomoltiplicatori. Questi sono rivelatori di luce costituiti da un tubo di vetro sotto vuoto in cui sono presenti un fotocatodo, un anodo e diversi dinodi. I fotoni colpiscono il fotocatodo che, per effetto fotoelettrico, emette elettroni che sono poi moltiplicati sui dinodi e raccolti sul'lanodo. Sono rivelatori molto sensibili che riescono a produrre un segnale elettrico anche se vengono colpiti da un solo fotone. Vengono spesso usati in combinazione con scintillatori.
Rivelatori a Radiazione Cherenkov: L'effetto Cherenkov consiste nell'emissione di radiazione elettromagnetica (luce) da parte di una particella in moto ad una velocità superiore alla velocità della luce nel mezzo attraversato. Misurando langolo del cono di luce si ricava la velocità della particella Misurando langolo del cono di luce si ricava la velocità della particella Analogia con un aereo che supera la barriera del suono (1238 km/h).
Rivelatori a Gas : Questi rivelatori usano un gas come elemento attivo. Il gas viene ionizzato dalle particelle cariche, che creano coppie elettrone (e-) Ione (X+) (Ionizzazione primaria). Gli e- emessi (δ-rays) vengono accelerati applicando un campo elettrico e possono produrre a loro volta Ionizzazione secondaria innescando una moltiplicazione a valanga. La ionizzazione è utilizzata principalmente nei rivelatori traccianti. Un tipico rivelatore a ionizzazione è costiruito da un cilindro riempito di gas con al centro un filo metallico posto ad alta tensione (HV 3000V).
Rivelatori a Ionizzazione a geometria cilindrica: Il campo elettrico radiale E = k/r crea la valanga nelle immediate vicinanze del filo. La carica finale può arrivare fino a 10 8 volte la carica iniziale. Tale valore rappresenta il Guadagno del Rivelatore. Il campo elettrico radiale E = k/r crea la valanga nelle immediate vicinanze del filo.
In presenza di campo elettrico gli elettroni viaggiano verso l'anodo (gli ioni verso il catodo), producendo un segnale elettrico. Cambiando la tensione applicata si hanno diversi modi di funzionamento: Camera a Ionizzazione, Contatore Proporzionale, Contatore Geiger.
Camere Proporzionali a Multifilo (MWPC): Il principio è quello dei rivelatori a gas a geometria cilindrica. Il rivelatore è formato da molti fili paralleli posti tra 2 catodi ad una distanza di ~ 2 mm. Ogni filo si comporta come un rivelatore indipendente e il segnale elettrico si forma sul filo più vicino alla particella dando una informazione sulla sua posizione.