Col lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra dai russi il 4 ottobre 1957 si apre l'era spaziale. Nel 1969 l'uomo è sulla Luna e negli stessi anni si cominiciano a progettare missioni scientifiche che mandino nello spazio satelliti con a bordo strumenti progettati per scrutare il cosmo alle diverse lunghezze d'onda: nel 1970 viene lanciato Uhuru , il primo osservatorio a raggi X, nel 1972 il primo osservatorio a raggi gamma. Mentre dobbiamo attendere fino al 1984 il lancio di IRAS, primo satellite per l'astronomia infrerossa, come mai questo ritardo? Qui lo spiluppo è più lento e difficile a causa della piccola energia dei fotoni infrarossi e quindi della necessità di raffreddare i rivelatori a temperature bassissime, utilizzando tecnologie criogeniche.

Il grafico sotto riporta l'energia dei fotoni in funzione della loro lunghezza d'onda.Sulla scala di destra è riportata la temperatura ottenuta imponendo che l'energia termica nel rivelatore sia 1/100 dell'energia dei fotoni: questo dà un'idea della temperatura a cui si deve raffreddare il rivelatore perché il rumore termico non sovrasti il segnale generato da un singolo fortone. Sono anche riportate le temperature usate normalmente per il raffreddamento dei rivelatori: 77K ( azoto liquido) 4.2K ( Elio liquido) 0.3K ( Elio 3 liquido)(2.2K elio superfluido).

Ricordando che il picco della radiazione cosmica di fondo è attorno ai 2 mm ci si accorge che sono necessarie temperature ad di sotto dell'elio liquido !

 Il metodo più semplice per rafferddare i rivelatori è quello di metterli a contatto con un recipiente isolato nel quale viene inserito dell'elio liquido. Nei laboratori terrestri l'elio liquido viene mantenuto dalla gravità sul fondo del contenitore manter il gas prodotto dalla sua evaporazione può uscire tramite un condotto che parte dalla parte superiore.

Nella figura sotto, a sinistra è mostrato un tipico vaso di Dewar, o dewar in vetro, per il contenimento di azoto liquido. Le pareti sono argentate internamente in modo da ridurre lo scambio termico radiativo; nell'intercapedine tra parete esterna e parete interna e' realizzato un buon vuoto per ridurre lo scambio termico convettivo.

A destra invece sono mostrati dei criostati metallici (acciaio inox e rame), più robusti e di facile uso, a doppia camera: una esterna per l' azoto liquido, che ha il principale scopo di ridurre l'ingresso termico radiativo, l'altra, interna, per l'elio liquido. Al di sotto della camera dell'elio liquido è disponibile lo spazio per l'apparato sperimentale. Il fondo della camera per elio liquido è di solito in rame per facilitare il contatto termico tra l'esperimento ed il liquido.


In orbita dove la gravità terrestre viene esattamente compensata dalla forza centrifuga, non c'è motivo per cui il liquido rimanga confinato nel conenitore e non esca insieme al gas. Solo nel 1970, con l'invenzione del porous plug, il setto poroso che permette di pompare via i vapori d'elio confinando il liquido, si aprì la strada della criogenia spaziale.


Nel 1984 la NASA, insieme alle agenzie spaziali olandese e britannica, lancia il satellite IRAS ( InfraRed Astronomical Satellite) che comprende un criostato per elio liquido superfluido. Questo raffredda sia il telescopio ( minimizzandone l'emissione infrarossa) sia i rivelatori ( congelando il loro rumore e mgliorando la loro sensibilità). Per la prima volta sia hanno mappe del cielo alle lunghezze d'onda di 12, 25, 60 e 100 micron. Si scopre l'esistenza di tenui nuovole di polvere cosmica, cirri interstellari presenti in tutto il cielo e si osserva l'emissione della polvere interstellare nella lostra galassia e in migliaia di galassie lontante. La tecnologia criogenica di Iras può essere utilizzata per nuovi osservatori a bassissima energia: è ormai il momento delle onde millimetriche e delle microonde.


Fonte: Paolo De Bernardis "Osservare l'Universo"


Ultime modifiche: venerdì, 30 dicembre 2016, 07:43