Poco dopo la formulazione della teoria generale della relatività (1916), Einstein applicò la sua nuova teoria all'intero universo, soprattutto allo scopo di chiarirne i fondamenti, cioè di stabilire "se il concetto di relatività può essere applicato fino in fondo o se porta a contraddizioni”. Ipotizzando un cosmo statico nel tempo e che una teoria gravitazionale consistente dovesse incorporare il "principio” di Mach, secondo il quale l'inerzia di ogni sistema è il risultato dell'interazione del sistema stesso con il resto dell'universo e non può esistere uno spazio privo di materia, Einstein ritenne necessario aggiungere un nuovo termine alle equazioni generali di campo, allo scopo di predire un universo con una densità media di materia non nulla - la famosa "costante cosmologica”. Con la scelta di questa costante, Einstein fu condotto a un modello di un universo statico, finito, di geometria spaziale sferica, il cui raggio era direttamente legato alla densità di materia. 


Nello stesso anno (1917), l'olandese Willem de Sitter propose un modello relativistico alternativo dell'universo, cioè quello di un universo statico privo di materia. Einstein fu molto colpito dalla soluzione di de Sitter, in quando essa suggeriva una metrica dello spazio-tempo indipendente dalla materia contenuta, in conflitto con il principio di Mach secondo l'interpretazione di Einstein. Il modello di de Sitter fu causa di un certo scompiglio tra i fisici

teorici per qualche anno, fino a che si comprese che esso non era statico. Ciò nonostante, la soluzione attrasse un certo interesse negli anni '20 perché prediceva che la radiazione emessa da particelle di prova inserite nell'universo "vuoto” avrebbe subito un redshift, in perfetto accordo con le osservazioni astronomiche contemporanee di Vesto Slipher sui redshift delle galassie a spirale. 

 

Nel 1922 il giovane fisico russo Alexander Friedman suggerì che si dovessero considerare soluzioni non stazionarie alle equazioni di campo di Einstein nei modelli relativistici dell'universo. Con un secondo articolo, nel 1924, Friedman esplorò quasi tutte le principali possibilità teoriche e la geometria per l'evoluzione dell'universo. Einstein non accolse favorevolmente i modelli di Friedman di un universo in evoluzione nel tempo. La sua prima reazione fu di pensare a un errore matematico del russo. Quando Friedman dimostrò che l'errore era invece nella correzione di Einstein, egli opportunamente la ritrattò. Tuttavia, una bozza inedita della ritrattazione (1923) evidenzia che Einstein considerava irrealistici i modelli di universo variabile nel tempo, "ai quali si può attribuire a fatica un significato fisico”

 




Ignaro delle analisi di Friedman, il belga Georges Lemaître propose nel 1927 un modello di universo in espansione. Egli conosceva le osservazioni astronomiche di Sipher e le misure di Hubble delle grandi distanze delle galassie. Interpretando i redshift di Slipher come un'espansione relativistica dello spazio, Lemaître derivò dalle equazioni di campo di Einstein un universo in espansione, stimando un tasso di espansione cosmica dai valori medi delle velocità e delle distanze delle galassie ricavati rispettivamente da Slipher e Hubble. L'articolo di Lemaître, pubblicato in francese su una poco conosciuta rivista scientifica, ricevette poca attenzione (e Hubble fece in modo che continuasse a essere ignorato). Tuttavia, il belga discusse il suo modello personalmente con Einstein durante la conferenza di Solvay del 1927, ottenendo solo una critica con il franco commento: "Vos calculs sont corrects, mais votre physique est abominable” (I vostri calcoli sono corretti, ma la vostra fisica è abominevole). 



A partire dal 1919, dal suo osservatorio situato sul Mt. Wilson in California, allora il più potente del mondo, Hubble aveva cominciato una serie di osservazioni che gli consentirono di scoprire che la Via Lattea, fino ad allora considerata corrispondente all'intero universo, è solo una dei miliardi di galassie che lo costellano (1925).

Entro la fine del decennio fece un passo ulteriore, classificando le galassie in base alla loro forma, desunta dalle fotografie ottenute con il telescopio. Una delle immagini più famose della storia della scienza è senza dubbio lo schema a diapason pubblicato da Hubble nel 1936 in The Realm of Nebulae. Hubble riconobbe tre principali famiglie in base alla forma: esistono galassie ellittiche, galassie spirali e galassie dalla forma piuttosto caotica, note con il nome di galassie irregolari. Le galassie spirali sono a loro volta distinte in due famiglie separate: la spirali normali e quelle con una struttura centrale allungata, le spirali barrate. Questo schema è ancora utilizzato, anche se in una forma evoluta.

La scoperta fondamentale attribuita a Hubble riguarda tuttavia la legge di proporzionalità tra la distanza delle galassie e il loro redshift, cioè lo spostamento verso il rosso dello spettro delle loro emissioni luminose, fenomeno che accade in genere quando la sorgente di luce si muove allontanandosi dall'osservatore o avvicinandosi a lui (o, analogamente, essendo il moto relativo, quando l'osservatore si allontana dalla sorgente o si avvicina ad essa). In una pubblicazione del 1929, studiando lo spettro di 46 galassie e in particolare l'effetto Doppler dovuto alle loro velocità relative rispetto alla nostra, Hubble arrivò alla conclusione che tanto più distanti tra loro sono le galassie, tanto maggiore è la velocità con la quale si allontanano reciprocamente. Le osservazioni lo portarono così a concludere, in accordo con le equazioni di Einstein della relatività generale nell'ipotesi di uno spazio omogeneo, isotropico e in espansione, che l'universo si espande uniformemente, con una velocità che calcolò essere di 500 Km al secondo per megaparsec (un megaparsec, un milione di parsec, è una distanza equivalente a 3,26 milioni di anni-luce, così una galassia distante 2 megaparsec si allontana da noi con velocità doppia di una galassia distante un solo megaparsec). Questo valore, chiamato da allora in poi costante di Hubble, è stata in seguito corretto al ribasso ed è attualmente stimato intorno ai 74 km/s per megaparsec, con un margine d'errore del 4,3%.

 

Hubble, che negli anni '30 raffinò le sue osservazioni e perfezionò le sue scoperte, fu sempre molto cauto sull'espansione dell'universo, ritenendo che il redshift potesse essere spiegato da cause diverse e ancora ignote rispetto alle reciproche velocità di allontanamento delle galassie. 

In quel periodo era stato anche stabilito che i modelli statici presentavano problemi di natura teorica: quello di Einstein non era stabile, quello di de Sitter non era statico. Come conseguenza, il concetto di espansione cosmica relativistica fu preso in seria considerazione, e furono proposti diversi modelli di universo variabile nel tempo del tipo di quelli di Friedman e Lemaître. 

 

Dal 1931 Einstein incominciò ad accettare l'universo dinamico. Durante un soggiorno di tre mesi al Caltech di Pasadena all'inizio di quell'anno, egli fece diverse dichiarazioni pubbliche su come le osservazioni di Hubble potessero essere considerate una ragionevole prova di un'espansione cosmica. Ad esempio, il New York Times riferì il commento di Einstein secondo il quale "Le nuove osservazioni di Hubble e Humason riguardo al redshift della luce nelle galassie lontane rendono più probabile la congettura che la struttura generale dell'universo non sia statica” e "Il redshift delle galassie lontane ha demolito la mia vecchia costruzione come un colpo di martello”. Non molto più tardi, Einstein pubblicò due distinti modelli dinamici del cosmo, il modello Friedman-Einstein del 1931 e il modello Einstein-de Sitter del 1932.

 Citando le osservazioni di Hubble, Einstein sosteneva che l'ipotesi di un universo statico non era più giustificata: "Ora che è divenuto chiaro dai risultati di Hubble che le nebule extra-galattiche (cioè le galassie esterne alla Via Lattea) sono distribuite dovunque nello spazio e hanno moto dilatatorio (almeno se i loro sistematici redshift sono da interpretare come effetti Doppler), l'ipotesi di una natura statica dello spazio non ha più alcuna giustificazione”.

Adottando l'analisi di Friedman del 1932 di un universo con un raggio variabile nel tempo e con curvatura spaziale positiva, Einstein rimosse anche la costante cosmologica che aveva introdotto nel 1917, sulla base che essa era ora sia insoddisfacente (dava una soluzione instabile), sia inutile: "In queste condizioni, ci si deve chiedere se si possono giustificare i fatti senza l'introduzione del termine λ, che è in ogni caso teoricamente inadeguato”. Il modello risultante prediceva un universo che doveva subire un'espansione seguita da una contrazione,. Einstein fece uso delle osservazioni di Hubble per ricavare stime dell'attuale raggio dell'universo, della densità media della materia e della durata dell'espansione. Rilevando che quest'ultima stima era minore che le età delle stelle stimate dagli astrofisici, Einstein attribuì il paradosso a errori introdotti dalle ipotesi semplificative dei modelli, in particolare quella dell'omogeneità. 


ref: http://keespopinga.blogspot.it/2015/06/einstein-cosmologo-e-un-manoscritto.html

Ultime modifiche: martedì, 31 gennaio 2017, 11:47