La camera a condensazione era stata veramente uno strumento meraviglioso, essa aveva permesso ai fisici di "vedere" le particelle elementari e i risultati delle loro collisioni con atomi e nuclei. Ma come ogni apparecchiatura sperimentale essa ha delle intrinseche limitazioni. A causa infatti della bassa densità dei gas, pochissime delle particelle che entrano in una camera di condensazione urtano i nuclei : le interazioni sono essenzialmente con gli elettroni del gas. Per trovare le particelle di Yukawa era invece necessario riuscire ad utilizzare materiali più densi e riuscire a vedere cosa accade esattamente nel punti della collisione con i nuclei. Infatti ci si aspettava che una volta catturate dal nucleo, le particelle negative di Yukawa, scomparissero trasformando la loro massa in energia secondo l'equivalenza E = Mc2 già più volte sperimentata. Come una piccola bomba, un tale sviluppo di energia avrebbe dovuto causare l'esplosione del nucleo.


Le emulsioni nucleari.

Verso la metà degli anni '40 i fisici riuscirono a perfezionare un rivelatore con le proprietà desiderate: le  "emulsioni nucleari". Già da diversi decenni le emulsioni fotografiche erano largamente utilizzate in fisica: esser per esempio avevano permesso a Rontgen di scoprire i raggi X. L'effetto delle radiazioni ad alta energia su di un'emulsione fotografica è simile a quello della luce: le particelle ionizzanti interagiscono con i granuli di bromuro d'argento che, con un adatto sviluppo, verranno poi ridotti a granuli d'argento rendendo così visibile il percorso della particella ionizzante. Al microscopio infatti, le traettorie delle singole particelle ionizzanti appaiono come file di granuli scuri d'argento. Ma le emulsioni ordinarie sono sensibili solo a particelle relativamente lente, che lasciano sulla loro scia una traccia di ioni molto densa.Inoltre , fin verso la metà degli anni '40 le emulsioni disponibili erano troppo sottili e solo particelle esattamente parallele alla lastra fotografica lasciavano tracce di lunghezza apprezzabile. Per questo motivo le emulsioni fotografiche erano state abbandonate quasi completamente come mezzo per rilevare particelle cariche.

La tecnica delle emulsioni fu invece ripresa da un gruppo di fisici dell'Università di Bristol, sotto la guida di Powell e Occhialini: lavorando anche con gli scienziati della Kodak Company riuscirono a sviluppare nuovi ed ingegnosi metodi per produrre e sviluppare emulsioni dello spessore di quasi un millimetro

Le emulsioni nucleare dunque sono è un particolare tipo di emulsione fotografica impiegata per lo studio delle particelle elementari, costituite  principalmente da cristalli di bromuro d'argento (AgBr) sospesi in gelatina organica.

Il passaggio di una particella carica attraverso l'emulsione provoca la ionizzazione dei cristalli di bromuro d'argento che, in seguito ad  opportuni trattamenti chimici, danno luogo alla formazione di grani anneriti, del diametro tipico di 0.6 mm lungo la traiettoria.

Le emulsioni vengono utilizzate sotto forma di sottili (da 50 a 300 mm) depositi di gel su di un opportuno supporto di plastica che possono essere osservati attraverso un microscopio.

Questo tipo di rivelatore, è ancora oggi largamente utilizzato grazie all' eccellente risoluzione spaziale (< 1 mm ) e alla messa a punto di sistemi di scansione completamente automatizzati che permettono la scansione e l'analisi di grandi superfici di emulsione in tempi molto brevi.

Come le pellicole fotografiche, le emulsioni nucleari vanno sviluppate dopo l'esposizione per visualizzare l'immagine.

La scoperta del mesone \( \pi \)

Nel 1947 Lattes, Powell e Occhialini esposero in montagna alcune emulsioni nucleari del nuovo tipo ai raggi cosmici. In tali lastre essi trovarono parecchie tracce come quella qui a fianco: esa mostra una particella ( identificata poi come un mesone \( \pi \) che entra da sinistra  e vi si ferma. Il graduale aumento di densità dei granuli , corrispondente alla graduale diminuzione della velocità, non lascia dubbi circa la direzione nella quale la particella si muove. Dal punto in cui questa si fermane emerge un'altra, apparentemente più leggera e più rapida ( infatti ionizza di meno) che si ferma nell'emulsione dopo aver percorso una distanza di circa 0,5 mm.

Dopo accurate indagini Lattes, Powell e Occhialini, giunsero alla conclusione che la traccia mostrava il decadimento di un pione in un muone. se questa interpretazione era corretta, la seconda particella prodotta ( il muone) dopo essersi fermata avrebbe dovuto decadere e produrre un elettrone. Le emulsioni usate nel '47 però non erano sufficientemente sensibili per poter rivelare un elettrone, che se veloce ha un basso potere ionizzante.

Quando nel 1949 furno disponibili emulsioni più sensibili l'elettrone puntualmente apparve.

Negli anni successivi si scopri che i mesoni π vengono principalmente prodotti dalle interazione dei protoni dei raggi cosmici primari con i nuclei dei gas presenti nell'atmosfera e che i pioni esistono di tre tipi , positivi, negativi e neutri che decadono principalmente come illustrato qui sotto

\pi ^{+}\to \mu ^{+}+\nu _{\mu },~~~\pi ^{-}\to \mu ^{-}+{\bar {\nu }}_{\mu }.

ma che può anche decadere ( sebbene più raramente) in 

\pi ^{+}\to e^{+}+\nu _{e},~~~\pi ^{-}\to e^{-}+{\bar {\nu }}_{e}.

mente il pione neutro principalmente decade in due fotoni

\pi ^{0}\to 2\gamma

e più raramente  in   \pi ^{0}\to \gamma +e^{+}+e^{-}

I pioni, a differenza dei muoni sono particelle che decadono molto prima di raggiungere il livello del mare e possono pertanto essere rilevati solo in alta quota.


Fonte : "I Raggi cosmici" di B.Rossi

Ultime modifiche: lunedì, 14 dicembre 2015, 08:28